Proprio in occasione di quella giornata, le
classi 3^ G e 3^ B della nostra scuola, accompagnate dalle insegnanti F. Bellina, G. Russello, F. Sanfilippo e dalla Dirigente della scuola V. Filippone, sono andate alla Prefettura di Palermo
insieme ad altre scuole per presentare una piccola esibizione in ricordo delle
vittime delle Foibe.
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Foto di gruppo nel giardino di Villa Pajno in Via Libertà a Palermo. |
Le classi in rappresentanza della nostra
scuola hanno cantato il brano Imagine
di John Lennon tradotto solo in parte in italiano.
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Un momento dell'esibizione degli alunni delle classi 3^ B e 3^ G. |
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Foto di gruppo con il prefetto di Palermo, Antonella De Miro. |
In Prefettura erano presenti anche alcuni
familiari delle vittime, a cui è stata consegnata una
medaglia e una pergamena.
A questo evento hanno partecipato
alcuni rappresentanti delle Forze dell’Ordine (Carabinieri, Polizia e Guardia
di Finanza) e alcuni familiari delle vittime.
di Simone Scafidi (3^ G)
[1] “Con il
termine foiba, che deriva dal latino fovea, vengono chiamati gli inghiottitoi naturali
tipici delle aree carsiche; tali abissi si prestano assai bene a far scomparire
in maniera rapida oggetti di dimensioni anche notevoli. In tal senso nella
Venezia Giulia (ex province di Trieste, Gorizia, Pola e Fiume) le f. vennero
largamente utilizzate durante la Seconda guerra mondiale e nel dopoguerra, per
liberarsi dei corpi di coloro che erano caduti a causa degli scontri tra
nazifascisti e partigiani, e soprattutto per occultare le vittime delle ondate
di violenza di massa scatenate a due riprese - dapprima nell'autunno del 1943 e successivamente nella primavera del 1945
- da parte del movimento di liberazione sloveno e croato e delle strutture del
nuovo Stato iugoslavo creato da Tito. Furono principalmente i cadaveri di
vittime delle fucilazioni a essere gettati nelle f. e in altre cavità
artificiali, quali, per fare un esempio, le cave di bauxite dell'Istria oppure
il pozzo della miniera di Basovizza, ma in alcuni casi nell'abisso furono
precipitate anche persone ancora in vita. Talvolta infatti i condannati
venivano fatti allineare sull'orlo della f. e legati fra loro con filo di ferro;
successivamente coloro che venivano colpiti dalla scarica trascinavano giù,
insieme a loro, gli altri…” (tratto da www.Treccani.it)
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